Poi le cose erano cambiate.
Gli abitanti della terra, quel luogo che per Big e Blue era incantato e misterioso, si erano convinti sempre più di avere il controllo supremo su ogni cosa: prati verdi e distese d’acqua, senza distinzioni.
Agli umani bastava immergere i piedi sulla riva bianca e fresca e guardare verso l’orizzonte, per essere felici. E se ne fregavano se il tappo di una bottiglia vuota finiva accidentalmente in terra. La fatica di raccoglierlo era troppa per loro: uno sguardo a quel pezzo di plastica stonato sulla sabbia e uno al mare, immenso, che pareva poter raccogliere e far sparire nel nulla qualunque cosa.
“Tanto il mare è grande”, dicevano con noncuranza.
Big li aveva sentiti una volta, in una delle sue scappatelle fuori dall’acqua azzurra.
Certo, mamma Ama non sarebbe stata dello stesso avviso. Era successo così, mentre giocava divertita, una mattina d’estate, il sole, tanto forte che filtrava anche sott’acqua.
Era rimasta intrappolata in un cerchio bianco lattiginoso, di quelli che tengono unite le lattine di coca-cola. Sembrava un gioco passarci attraverso. Ma poi ogni cosa si era spenta, il suo ultimo pensiero pieno di luce per Big e Blue.
Papà Re, accecato dalla rabbia, aveva baciato i due pesciolini.
“Vado a cercare i colpevoli. Prenditi cura di loro” aveva urlato dietro di sé a nonno Mar, ed era andato via, sparendo in un vortice di sabbia e dolore, veloce come un razzo.
©Erika Carta