Big e Blue, un mare di avventure – VI e ultima puntata

VI

Blue non capiva cosa stesse succedendo. Un attimo prima saltellava felice beandosi di tutto quello che vedeva, così grato a suo fratello Big per avergli fatto scoprire gli angoli di mondo che non conosceva, se non tramite le immagini dei libri che prendevano vita nella sua testa.

Il momento più bello però, era tornare giù, dentro il suo mare, a respirare la vita come gliel’avevano donata.

Ma ora, dov’era l’acqua? Era sicuro di averne addosso ancora un po’, sentiva il sale. Ma sentiva anche il sole, sempre più forte.

Qualcosa stava andando per il verso sbagliato. Non riusciva più a nuotare, ci provava ma i suoi movimenti erano scoordinati. Si sentiva schiacciato, in trappola, impigliato in una strana rete, sballottato da una parte all’altra in quell’aria che non era la sua.

Vedeva immagini sempre più sfocate, non riusciva nemmeno più a pensare.

Diventò quasi buio e poi, improvvisamente, una boccata d’acqua arrivò fresca e decisa come il primo respiro fatto alla nascita.

Nonostante fosse ancora intontito, fece uno scatto velocissimo in avanti, un po’ per la felicità e un po’ per la paura. Voleva scappare il più lontano possibile.

Ma ancora una volta qualcosa andò storto. Se nuotava dritto, sbatteva su una superficie dura e cieca. Se cambiava direzione, succedeva lo stesso. Girando in tondo si era reso conto che lo spazio in cui si trovava era molto piccolo, un cerchio chiuso, con pochissima acqua e senza nessun altro intorno o vicino a lui.

Era solo, in trappola.

Ma almeno respirava.

Guardò in su.

Un sorrisetto diabolico e due occhioni neri lo fissavano con attenzione. Era sicuro di aver incrociato lo sguardo con quel gigante che lo osservava.

Capì che era soltanto un bambino quando una figura grande il doppio si avvicinò al secchiello.

Era una donna bellissima. Doveva essere una mamma, perché il suono della voce delle mamme è inconfondibile.

Blue li osservava affascinato. Erano così vicini, sorridevano.

Gli piacevano, come potevano essere tanto cattivi?

Perché l’avevano tirato fuori dalla sua casa, lui che era piccolo e voleva soltanto giocare?

“Hey, tu. Bambino. Mi senti?”

Evidentemente il bambino non si accorgeva di nulla.

“Guardate cosa ho preso!”.

Urlava.

“Sono stato il più bravo, il più veloce. Ho vinto!”

La sua risata stridula rimbombava nello spazio stretto dove stava Blue. L’acqua stava cominciando a scaldarsi, sempre più in fretta. Era fastidiosa e presto sarebbe diventata insopportabile.

“Cosa avresti vinto?”.

Una voce diversa, calma e asciutta aveva zittito tutte le altre.

Apparteneva a un altro bambino che guardò dentro il secchiello.

“Ti senti tanto forte, il migliore, solo perché hai preso questo pesciolino? È così piccolo, cosa pensi di fare?”

“Voglio guardarlo da vicino”.

“E come ti sentiresti tu, chiuso in un secchio stretto stretto, con poca aria e dei giganti che ti guardano dall’alto?”

“Voglio portarlo nell’acquario che ho a casa”.

“Nell’acquario che hai a casa sopravvivono soltanto pesci d’acqua dolce. Questo ha sempre vissuto qua, nell’acqua salata, lo faresti soltanto morire. Perché non lo ributtiamo in mare?”

Tutti i bambini si guardarono, consultandosi in silenzio sulla decisione da prendere.

“Va bene. Però prima diamogli un nome.”

“Lo chiamiamo con le iniziali dei nostri nomi!”

“Andrea, Roberto, Giulia, Ornella”.

“ARGO!!!” Dissero in coro i quattro bambini.

E così, Andrea prese il secchiello e tutti insieme si avvicinarono alla riva.

“Ciao Argo, anche se sei diventato nostro amico ti liberiamo. È giusto che torni nella tua casa”.

In men che non si dica Blue attraversò una cascata d’acqua, precipitando nell’immensità del mare.

Era sbalordito, estasiato e grato dell’avventura che aveva appena vissuto. La più grande e avvincente, più bella perfino di quelle che leggeva con mamma Ama, o di quelle che gli raccontava Big. Doveva ringraziare lui prima di tutto,  andare subito a cercarlo. Ma prima fece un ultimo salto fuori dall’acqua per salutare i bambini. Erano ancora lì, a guardarlo andar via.

“Grazie amici”.

Quando lo trovò, Big era su tutte le furie. Arrabbiato, creava

mulinelli di sabbia muovendosi da una parte all’altra.

“Big!”

Si arrestò di botto.

“Blue! Sei tu?”

“Sono io, fratellino. Mi hanno liberato”.

La felicità di Big non si poteva esprimere a parole.

Blue gli raccontò ogni cosa: il divertimento, la paura, la curiosità e infine il sollievo.

“Sai Big, avevi ragione. È bello esplorare, giocare… e qualche volta anche rischiare. Non tutti gli esseri umani sono cattivi. I bambini sono come noi, sono intelligenti. Insieme, hanno capito quanto stessi soffrendo, lontano da casa e da te. Hanno fatto la scelta giusta. Sono stati buoni”.

“Questa sì che è una bella sorpresa”.

Rispose Big. “Ma anche io ne ho una per te, vieni!”

Si avviarono verso casa e quello che gli occhi di Blue videro lo resero il pesciolino più felice di tutta l’acqua e di tutto il mondo.

 

Nonno e nonna Mar sorridevano e accanto a loro c’era papà Re. Era tornato dal suo lungo viaggio e stringeva a sé un pesciolino che si era perso.

Si abbracciarono, piangendo lacrime salate di gioia.

Erano di nuovo tutti insieme, in famiglia, con mamma Ama nel cuore e un nuovo amico con cui

crescere e giocare.

“Non si ricorda il suo nome”. Disse papà Re. “Come possiamo chiamarlo?”

Blue sorrise, guardò il cielo attraverso l’acqua e rispose:

“ARGO”.

 

© Erika Carta

Illustrazioni di Sara Camboni

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